L’effetto del benessere

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Il benessere economico della seconda metà del secolo scorso, da una società rurale alla società dei consumi, ha prodotto cambiamenti epocali.

Il benessere produce effetti evidenti sulla demografia. Per esempio, si fanno meno figli.

Nella società rurale i figli erano forza lavoro seminata nel terreno della famiglia, li si osservava pazientemente crescere come i noci dietro casa, in attesa che si facessero forti e si traducessero in quello che nelle campagne passa per la pensione integrativa dei contadini.

La società moderna ha azzerato il bisogno di figli a sostegno economico della vecchiaia, stimolando invece la ricerca del proprio sviluppo personale. Le donne accedono, per quanto ancora minoritariamente, agli studi universitari e al mondo del lavoro, rallentando e riducendo la natalità.

Il benessere, quando è generalizzato come è successo dal dopoguerra ad oggi, porta anche a un’altra profonda variazione demografica: l’invecchiamento della popolazione. L’entusiasmo e la speranza nel futuro, cause ed effetto al tempo stesso del boom economico del dopoguerra, si sono condensate nel gesto di fiducia più spontaneo per gli esseri umani: un boom delle nascite,  dando origine alla generazione più numerosa della storia, i babyboomers, che oggi, a 60/70 anni di distanza, affollano le fila dei nostri senior che si avvicinano alla terza età.

Il benessere diffuso nel quale questa generazione ha vissuto le ha permesso di invecchiare relativamente bene, certamente meglio dei loro genitori, il che significa meno precipitosamente. Quando l’invecchiamento non coincide con un decadimento improvviso ma si diluisce nel tempo, vuol dire che la società ha migliorato le condizioni di vita e di lavoro, ha finanziato una medicina sociale più diffusa, ha prodotto una consapevolezza generale che si traduce in prevenzione.

Quindi, meno figli ma più vecchi. Che invecchiano più lentamente.

E’ quello che si osserva nella nostra società, non solo in Italia. E’ un fenomeno diffuso, globale, che riguarda molti stati in occidente e in oriente. Basta dare un’occhiata alla sintesi di una ricerca che ha condotto Head Solutions Group per il sito The Age of Majority su un panel di 2.500 intervistati, di cui 1.500 baby boomers, ovvero over 55. Analizzando la generazione “sesso droga e rock&roll” si apre un’interessante finestra su come gli americani over 55 siano ancora giovani. Lo trovate alla fine di questo articolo.

Ma c’è un altro effetto del benessere.

Per ragioni dettate dalla minore necessità di forza lavoro, le famiglie che vivono nel benessere, soprattutto nella nostra cultura, ritardano l’entrata dei figli nella società. Permettono loro di proseguire negli studi, a volte persino di indugiarvi prolungandoli a oltranza e restando nel confortevole alveo familiare più a lungo di quanto sia considerato naturale. Se poi, come nel nostro caso, ci si mettono non una ma due crisi economiche, la permanenza in famiglia diventa necessaria.

Questo porta a uno slittamento delle fasi del ciclo di vita. Se prima l’età dello studio andava dai 6 ai 23/24 anni nel migliore dei casi, adesso arriva facilmente fino ai 30, ritardando l’entrata nel mondo del lavoro.

L’età per metter su famiglia oggi è per le donne italiane 32 anni (l’età più alta in Europa), mentre solo nel 1995 l’età media del primo figlio era 28 anni.

Se slitta l’ingresso nel mondo del lavoro e la nascita dei figli, slitta la carriera o comunque il ciclo di vita contributivo del lavoratore. L’appesantimento delle casse della previdenza a causa della massa di lavoratori che stanno entrando nella terza età, di cui parlavamo all’inizio di questo articolo, porterà naturalmente molti di noi a mantenere possibilmente il proprio impiego oltre l’età della pensione o, se questo non è possibile, a cercare collaborazioni e lavori part-time che possano integrare la pensione. E i governi a trovare sempre maggiori sfumature di un mix di reddito pensionistico e reddito da lavoro per incentivare il lavoro dei 60enni.

Per fortuna il rallentamento dell’invecchiamento di cui parlavamo consente alla maggior parte di essi di restare al lavoro, quando questo non sia usurante e non esista una morbilità che renda il lavoro impossibile.

Quindi, se oggi l’età media effettiva di pensionamento in Italia è 62 anni, prossimamente sarà 67/70. Se ieri si era ufficialmente anziani a 65 anni, domani sembrerà uno scherzo e il concetto di vecchiaia slitterà facilmente a 75 anni.

Ecco come il mondo è cambiato negli ultimi 70 anni. L’età di una generazione che sta dettando nuove regole per l’invecchiamento. Occorre adeguarsi.

Ricerca Head Solutions Group & The Age of Majority

Sesso

  • Quasi due terzi (64%) degli over 55 intervistati sono attivi sessualmente, di cui un quarto afferma di avere rapporti sessuali una volta la settimana e 1% una volta al giorno;
  • Il 65% di loro ha avuto esperienza nell’impiego di sex toys;
  • Purtroppo non sono cambiate le abitudini in tema di sicurezza sessuale contro le infezioni sessualmente trasmissibili: 6 intervistati over 55 su 10 dicono di non preoccuparsene, la stessa percentuale trai Millennials.

Droga

  • Aumenta la propensione all’suo di cannabis tra gli over 55. Anche se solo il 7 % degli over 55 dice di averne fatto uso nel corso dell’ultimo anno, il 44% si dichiara più disponibile a farne uso che 5 anni prima;
  • La percentuale di Millennials che sono contrari alla liberalizzazione della cannabis è doppia (51%) rispetto agli over 55 (24%).

Musica

  • Il rock classico è ancora il genere musicale preferito tra gli over 55, solo il quarto in ordine di preferenza per il Millennials, dopo Pop, Hhip-Hop e Adult Contemporary.

Tecnologia

  • Più del 53% degli americani over 55 hanno già cancellato la linea fissa a favore del cellulare o intende farlo nei prossimi 2 anni; tra i Millennials, il 69%.
  • Quasi 4 americani over 55 su 10 hanno già cancellato il loro abbonamento a una Tv via cavo o satellitare, o intendono farlo nei prossimi due anni, in favore di piattaforme streaming come Netflix o Amazon Prime.

Esercizio fisico                                                                                                                                    

Tra gli over 55 la percentuale di chi afferma di fare regolarmente esercizio fisico è quasi la stessa presente tra i Millennials, 54 vs. 55%, lo stesso vale per chi afferma di aver seguito una dieta negli ultimi 12 mesi, 26% vs. 28%;

Libertà di parola                                                                                                                            

Gli over 55 americani sono molto meno preoccupati dei loro connazionali Millennials di ciò che è politicamente corretto e ciò che non lo è, reclamando maggiore libertà di parola. I Millennials che credono che il paese dovrebbe limitare la libertà di parola in favore di una maggiore political correctness è del 17%, contro un 11% tra gli over 55.

Pubblicità                                                                                                                                      

Esiste un’enorme differenza tra over e under 55 in merito a cosa vogliono dalla pubblicità:

  • Il 69% degli over 55 è molto più interessato a informazioni chiare sul prodotto che i Millenniasl (41%);
  • Solo il 7% degli over 55 sembrano sensibili ad annunci emozionali rispetto al 18% dei Millennials;
  • Il 40% degli over 55, contro il 15% dei Millennials, dice di non volere annunci di vendita (hard-selling);
  • Lo humor in pubblicità è importante per il 30% dei Millennials, ma solo per il 10% degli over 55.

Chi pensava che gli ex baby boomers americani fossero retirees in tutti i sensi si sbaglia di grosso. Hanno ancora voglia di vivere e idee molto chiare, sono in grado di distinguere e rifiutare marche e società non allineate con i loro valori e priorità. E valgono una spesa annuale di 2.9 trilioni di dollari.

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Emanuela Notari
Emanuela Notarihttps://www.activelongevity.eu
RESPONSABILE EDITORIALE E RELAZIONI INTERNAZIONALI Dopo 20 anni di esperienza in pubblicità e comunicazione terminati in posizioni apicali in un’importante agenzia multinazionale statunitense e una successiva parentesi imprenditoriale nell’ospitalità turistica, Emanuela ha ripreso l’antica passione per la scrittura, già espressa più di 30 anni fa in un’attività di pubblicista free lance. Divide ora il suo tempo tra la nascente attività di A.L.I., per la quale cura in particolare le casistiche internazionali di longevity economy e altre collaborazioni editoriali.

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