di Ken Dychtwald and Bob Morison per Forbes
co-autori di What Retirees Want: A Holistic View of Life’s Third Age
Tradotto per A.L.I.
Nel primo capitolo dell’affascinante libro del 1959 Hawaii, l’autore, James Michener, parla di come per milioni di anni vaste placche tettoniche si siano mosse lentamente fino a scontrarsi sul fondo del mare che oggi è l’Oceano Pacifico. La convergenza di tali forze ha sbalzato verso l’alto alcune zone di terra che emersero costituendo l’attuale bellissima Polinesia.
Potrebbe essere uno spunto per comprendere il futuro del pensionamento.
Per migliaia di anni, spinte di varia natura – medico-scientifica, economica, sociale, demografica – si sono mosse l’una verso l’altra, fino a scontrarsi e a far emergere e delinearsi un nuovo stadio della vita. In tutto il mondo, quasi un miliardo di persone sono prossime al pensionamento (o sono già pensionate), e godono di maggiori opportunità, rispetto al passato, di spendere questa abbondanza di tempo libero.
Nel 2004, abbiamo scritto un articolo per Harvard Business Review dal titolo It’s time to Retire Retirement, è’ ora di pensionare il pensionamento, per il quale abbiamo vinto il McKinsey Award (già attribuito in passato a Peter Drucker). Crediamo che la parola “pensionamento” ora abbia proprio esaurito il suo corso. E’ troppo striminzita per ciò che sta emergendo. Le sue connotazioni positive – libertà, tempo libero – sono sempre più problematiche. Le parole pensionamento e pensionato potranno durare ancora altri dieci anni o giù di lì, ma i loro significati stanno evolvendo man mano che il panorama del pensionamento si espande, si disarticola, si diversifica. E’ ora di ri-identificare lo stadio della vita che finora abbiamo chiamato pensionamento per abbracciare un significato talmente più vasto da meritare un nuovo nome.
E’ fuori dal regno della psicologia tradizionale che troviamo la prospettiva per guardare alle nuove possibilità e al nuovo lessico della maturità. E’ dalla tradizione europea della istruzione terziaria che emerge un’avvincente filosofia che offre una direzione semplice eppure visionaria. L’espressione Third Age, terza età, induce infatti a concepire tre età differenti dell’uomo, ognuna delle quali con i propri obiettivi, le proprie sfide e opportunità.
Nella prima età, dalla nascita fino a intorno i 30 anni, gli interessi principali della vita ruotano intorno allo sviluppo biologico, l’apprendimento e la sopravvivenza.
Al principio della storia umana l’aspettativa media di vita di moltissimi uomini e donne non andava oltre la fine di questa età e di conseguenza le stesse spinte sociali erano orientate verso il raggiungimento di obiettivi basici.
Nella seconda età, tra i 30 e i 60 anni, le preoccupazioni della vita adulta si concentravano su temi che riguardano la formazione di una famiglia, la genitorialità e un’attività produttiva. Questi anni sono molto intensi e densi di attività sociale; ciò che si è appreso durante la prima età della vita viene applicato alle responsabilità sociali e professionali della seconda. Fino al secolo scorso, molti non avevano prospettiva di vita al di là della seconda età, pertanto la società a quell’epoca era concentrata sugli aspetti di questa età della vita.
Con l’aumento dell’aspettativa di vita e la crescita del numero di anziani, si sta dispiegando una nuova era dell’evoluzione umana, la Terza Età, con scopi e preoccupazioni diversi. Con figli grandi e molti degli obiettivi della vita adulta già raggiunti o ben avviati verso il compimento, la diminuzione della pressione induce a un periodo più riflessivo e con ciò a un ulteriore sviluppo della vita interiore, dell’intelletto, della memoria e dell’immaginazione, della maturità emozionale e della propria individuale spiritualità.
La terza età vive di un’altra dimensione, determinata dall’abbondanza di tempo e dall’opportunità di provare cose nuove. Non solo perché rappresentino occasioni di riflessione, ma per sperimentare nuovi aspetti della vita e cercare nuove avventure trasformative invece di accontentarsi di stare davanti alla TV. Nuovi modi di contribuire in prima persona alla società invece di limitarsi a condividere la propria saggezza. Un prolungamento della carriera professionale attraverso nuovi modi di lavorare, invece di semplicemente “ritirarsi” da tutto. La Terza Età ora è ricca di potenzialità per gli individui, le famiglie e la società stessa. E lo scopo di tutta questa potenzialità è enorme e assolutamente inedito.
Da questa prospettiva, gli anziani di oggi non sono più marginalizzati dalla società ma vengono visti come un ponte tra ieri, oggi e domani – protagonisti di un ruolo evolutivo cruciale che nessun altro gruppo di età può svolgere.
Per comprendere dove stiamo andando, Ken guarda alla sua vecchia amica Maggie Kuhn, fondatrice di Gray Panther. Nel 1978 Ken la intervistò per New Age Magazine e lei gli disse: “Noi siamo i vecchi della tribù e come tali siamo incaricati della sua sopravvivenza e del suo benessere. Noi che siamo più vecchi abbiamo una grande libertà di parola e altrettanta responsabilità di prenderci i rischi necessari per curare e umanizzare la nostra società malata. Possiamo e dobbiamo sperimentare nuove cose e assumerci ruoli totalmente nuovi.” E ha proseguito elencando quelli che secondo lei erano i più importanti: provare nuovi stili di vita, comprese nuove modalità cooperative. Costruire nuove coalizioni attraverso gruppi etnici e condizioni economiche diverse, perché l’età è un fatto universale.
Rendersi responsabili del controllo sull’operato degli organismi pubblici e guardiani del pubblico interesse. Vigilare sul potere delle grandi corporation e sulle loro responsabilità verso i lavoratori e la società tutta. In breve, usando il potere dato da saggezza, esperienza e attenzione, studiare la società, guarire i suoi mali e progettare il suo futuro. La sfida di Maggie e la sua agenda erano e restano ambiziose – ma sembrano persino più pertinenti e necessarie oggi che qualche decina di anni fa, quando le espresse.
Una Grande Terza Età?
Allora, davvero i (Baby) Boomers useranno la propria esperienza e le proprie risorse per disegnare un futuro basato sulla consapevolezza e la generosità di spirito? Oppure saranno mossi solo dalla salvaguardia dei propri interessi? Se vivremo tutti più a lungo che mai prima e il centro di gravità globale sarà il passaggio dalla seconda alla terza età, sarà un bene o sarà un male? La risposta è, dipende. Dipende se sapremo:
- sradicare i pregiudizi sull’età che offuscano il nostro futuro e rimpiazzarli con una nuova più positiva immagine della vecchiaia;
- sostituire i rigidi confini di un piano di vita lineare con uno più flessibile e ciclico, con periodi di apprendimento, lavoro e tempo libero durante tutta la vita – molto più appropriato ai mutevoli bisogni della longevità;
- creare un nuovo spettro di relazioni familiari improntate alla condivisione, all’amicizia e alla cura di cui hanno bisogno di anziani;
- scoprire modi di invecchiare bene, senza patologie invalidanti, soprattutto quelle relative all’invecchiamento del cervello come l’Alzheimer;
- creare prodotti, servizi, soluzioni di residenzialità che trattino uomini e donne anziani con rispetto, offrendo loro comodità e comfort, piacere, esperienze rilevanti e scopo;
- modellare una nuova era di cooperazione e interdipendenza tra persone di tutte le età, creando allo stesso tempo un sistema sociale equo e solidale con tutti.
Qualche anno fa, quando abbiamo intervistato lo psicologo autore di Emotional Intelligence, Daniel Goleman, ci disse “L’eredità della boomer generation non sarà il “prima di tutto io” di quando erano giovani, ma piuttosto la potenziale impennata di volontarismo che potrebbe caratterizzare i loro anni da anziani. Non è tanto come inizi il primo atto, quanto piuttosto il modo in cui lasci il palcoscenico all’ultimo che la gente ricorda”.
E’ ora di scrivere il prossimo atto, ridisegnando la vecchiaia e mettendo le persone in grado di prosperare nella Terza Età.
Se siete interessati ad approfondire, vi consigliamo il nostro libro What retirees want: a holitic view of life’s Third Age.