«Nel 1960 gli italiani ultrasessantacinquenni erano il 9% della popolazione, oggi sono il 23 per cento. Nel 1960 inoltrarsi al di là dei 70 anni era una rarità. Un privilegio dei benestanti. Una fortuna. Un eroismo. Oggi la vecchiaia è un fenomeno di massa». Così scrive Lidia Ravera nel suo ultimo lavoro dal titolo «Age Pride – Per liberarci dai pregiudizi sull’età». E sul fronte dei pregiudizi uno è sicuramente quello che descrive il pensionamento come la fine della vita attiva. A ribaltarlo è la biologia – la qualità dell’invecchiamento – ma anche e forse soprattutto le condizioni economiche: «Gli assegni pensionistici che si riducono, mediamente, dall’80% dell’ultima retribuzione, secondo il sistema retributivo, al 65% con il passaggio a quello contributivo», spiega infatti Intoo, la società di Gi Group Holding leader in Italia nei servizi di sviluppo e transizione di carriera, in una nota che ha appena pubblicato tracciando anche una sorta di vademecum lavorativo e previdenziale «utile per un’attenta e precoce pianificazione della propria longevity professionale a seconda dell’età, della propria storia lavorativa e dei propri bisogni e desideri, individuali o familiari, e diventare così longennials». E che la longevity possa essere anche un mercato è confermato pure dal fatto che a essa guardano i grandi investitori come Sam Altman, co-founder di OpenAI e creatore di ChatGpt, che ha investito 180 milioni di dollari in una start up biotech dedicata alla ricerca per la longevità.
L’obiettivo è condivisibile ma partiamo dalla più banale delle domande: oggi in Italia esiste un mercato per chi è uscito dal mondo del lavoro? Ha senso cioè pianificare per qualcosa che esiste? «Assolutamente sì», spiega Cetti Galante, ceo di Intoo. «Oggi non solo la vita si è allungata ma è sempre più lunga anche la prospettiva di avere una vita attiva per molto tempo. Ecco allora che la pianificazione diventa un elemento importante, bisogna pensare per tempo al reddito, alla salute, alla casa, alle assicurazioni. E per farlo la base di partenza ideale è l’azienda». Pianificare dunque l’uscita insieme all’azienda che si sta per lasciare prima di farlo? «Esattamente, anche questo dovrebbe essere un aspetto del welfare aziendale», spiega Galante. E qui si consuma un altro ribaltamento: si delinea un modello di welfare che non pensa più solo alla fascia centrale della popolazione aziendale, i trentenni o i quarantenni, ma anche agli over e a chi sta uscendo, considerando questi ultimi non più un segmento di cui liberarsi ma una risorsa. «Bisogna capovolgere – aggiunge – la mentalità, oggi i senior sono popolazione aziendale da prepensionare, ma non è così, in un mondo come quello post pandemico sempre più complesso, per sostenere e decifrare questa complessità la loro competenza e la loro esperienza sono necessarie. Le figure senior possono essere una risorsa per le aziende che devono gestire trasformazioni sempre crescenti». Ecco allora che anche la pensione cambia identità, diventa «una pensione “attiva” – dice Galante – è in questa direzione che dovremmo andare, non verso il pensionamento anticipato con l’obbligo di non lavorare come si è fatto finora». Dopo il welfare il terzo ribaltamento riguarda le politiche attive, «che dovrebbero considerare anche gli interventi a favore di questa fascia anagrafica, fuori da una logica meramente assistenziale». Senza bloccare i giovani ma tracciando una mappa adeguata agli uni e agli altri, «perché oggi il problema più rilevante del mercato del lavoro è il reperimento delle figure professionali: facciamo uscire chi ha maturato una competenza e poi ci mancano i professionisti, vecchi o giovani che siano», conclude Galante. Ma in concreto, come attivarsi?
Secondo il vademecun di Intoo sono due le strade che si aprono entrambe attorno ai 50 anni: decidere di restare in azienda e quindi con l’azienda programmare un piano di welfare adeguato per la gestione attiva del pensionamento, che vuol dire pensione sì, ma continuando a dare un contributo, collocabile nella formula della collaborazione. Oppure uscire dall’azienda cogliendo tutte le formule professionali disponibili, da libero professionista a consulente a partita Iva, in quota in una società oppure avviando una propria micro impresa.
Scritto da Serena Uccello
Fonte: https://www.ilsole24ore.com/art/pensionati-lavoro-nuova-frontiera-longevita-AEKMZbED?refresh_ce=1