Città della longevità: cosa sono e a che punto siamo in Italia

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L’interesse intorno alle città e a come queste intersecano il trend dell’allungamento della vita non è nuovo. Già nel 2011, infatti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) aveva dato vita a un protocollo di città Longevity Friendly, accoglienti verso la longevità, che perseguiva l’obiettivo di adattare le città a una popolazione sempre più anziana. Un fine nobile e sicuramente un’operazione necessaria, soprattutto in termini di accessibilità, ma insufficiente, a 13 anni di distanza, in particolare su due piani:

  • il vero cambiamento che interessa le nostre città non è tanto nel fatto che abbiamo anziani più longevi, ma piuttosto nel fatto che questa nuova longevità deve essere sostenuta perché si accompagni a condizioni fisiche e mentali sempre migliori;
  • invece di adattare le città a questi cambiamenti, bisogna lavorare a un concetto di città della longevità in senso proattivo perché la rivoluzione portata dalla longevità richiede creatività e sperimentazione di nuove soluzioni

Perché le città contano nell’invecchiamento della popolazione

Perché tra i megatrend che riguardano la maggior parte del mondo – insieme con crisi climatica, transizione tecnologica e invecchiamento (nel senso di sproporzione tra giovani e anziani) – c’è l’inurbamento continuo. I giovani si spostano dalle zone rurali verso le città in cerca di lavoro e condizioni di vita più soddisfacenti, spesso lasciandosi alle spalle le famiglie di origine con anziani sempre più anziani che restano a presidiare le tradizioni. Già nel 2008 si era registrato, per la prima volta, il transito dalle aree urbane ai centri urbani del 51% degli abitanti della terra.

Perché le città sono catalizzatori del nostro vivere sociale e delle ineguaglianze che lo caratterizzano. Ma anche delle novità e dei movimenti ed è in questo senso che NICA e Nicola Palmarini hanno voluto affidare loro il ruolo di abilitatori di longevità, nuclei promotori di salute e prevenzione per la sostenibilità di una cittadinanza sempre più longeva.

Il ragionamento di fondo è che l’invecchiamento non inizia con i 55 o i 60 anni; in realtà la classe medica dice con grande chiarezza che il nostro corpo inizia ad invecchiare molto prima, in età considerate giovani, e se facciamo il salto necessario per pensare all’invecchiamento come a un processo lunghissimo che inizia da giovani, si estende il margine di prevenzione per lavorare alla prospettiva di un invecchiamento in buona salute per tutti.

Al Milan Longevity Summit la comunità scientifica ha confermato che la malattia e la cattiva qualità fisica della vita in età avanzata dipendono per lo più da fattori ambientali legati agli stili di vita. Perché le patologie croniche cosiddette non trasmissibili legate all’invecchiamento (diabete, problemi cardiocircolatori, tumori, malattie respiratorie croniche, problemi di salute mentale, disturbi muscolo scheletrici) restano le principali cause di morte a livello mondiale specie nei Paesi a basso e medio reddito. Fumo, cattiva alimentazione, sedentarietà, consumo di alcol, insieme alle caratteristiche dell’ambiente e del contesto sociale, economico e culturale rappresentano i principali fattori di rischio modificabili, ai quali si può ricondurre il 60% del carico di malattia, in Europa e in Italia (Fonte: Ministero della Salute)

Raggiungere consapevolezza e modificare gli stili di vita richiede tempo e volontà individuale. Se la città agisce da incubatrice e catalizzatore di buone pratiche sviluppando logiche di promozione della prevenzione e dei comportamenti corretti, monitoraggio dei rischi quartiere per quartiere, visione nel lungo termine anziché alle prossime amministrative (L), c’è la possibilità di velocizzare l’abbattimento del rischio di queste malattie con grande vantaggio delle persone e dello Stato, passando per la sostenibilità di quel sistema sociale che abbiamo creato quando il Paese, invece, aveva tanti bimbi e pochi anziani.

Bergamo capofila delle città italiane della longevità

Tra le città che già aderiscono alla piattaforma delle Longevicities e a questa missione NewCastle, sede del NICA, Barcellona, Belfast, Berlino, Lugano, Buenos Aires, Lisbona, Bergamo e Cremona. E proprio il sindaco Giorgio Gori ha partecipato all’evento raccontando come Bergamo si sia schierata, insieme con la sua Università, tra le città che vogliono promuovere la longevità.

Bergamo ha partecipato come capofila alla creazione di un network di città medie del Nord (Lombardia, Eeneto, Emilia Romagna e Piemonte) per riflettere sulla trasformazione del welfare urbano e a sostegno dei nuovi fragili, i NEET (giovani che non studiano e non lavorano) e i lavoratori poveri, persone che, per la condizione in cui vivono ora, vedranno compromessa la propria capacità di invecchiare in buone condizioni. Ma anche per rivedere le logiche di esternalizzazione delle prestazioni di assistenza alla persona. Pur rispondendo a protocolli dettagliati su quante ore vanno somministrate e a chi, più raramente si analizzano i risultati in termini di impatto sulla popolazione di riferimento per trarre indicazioni di miglioramento del servizio.
Due i pilastri su cui lavora l’amministrazione di Bergamo per sostenere la longità: sperimentazione di nuove soluzioni per rispondere alle necessità della popolazione anziana e ricerca, insieme con l’Università di Bergamo, su temi di longevità con l’obiettivo di far assumere alla città il ruolo di ente promotore del benessere durante tutta la vita, per esempio analizzando lo stato di salute della popolazione e i fattori di rischio di malattie quartiere per quartiere.
L’impegno congiunto di pubblico, iniziativa privata e Terzo Settore è alla base dello sforzo e della sostenibilità dei progetti di trasformazione delle città in motori di longevità.

Testo a cura di Emanuela Notari

Diritto d’autore: Foto di Mattia Bericchia su Unsplash

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